Dal blocco alla ripresa nel 2007, passando per l’allattamento e la crescita dei suoi tre figli

Care mamme! Nel post di oggi, ho deciso di parlarvi di una donna, mamma e lavoratrice come tante di voi, che mi ha gentilmente concesso una piccola intervista.

Il suo nome è Gioia Albano, è italiana ma vive da alcuni anni nel Sud della Francia con la sua famiglia. Gioia è un’artista, anche se per un po’ ha abbandonato questa attività per mancanza di fiducia in sé stessa. È stato solo dopo la nascita della prima figlia che ha ripreso a dipingere. Le opere partorite in seguito a questo evento, sono dedicate principalmente alla maternità, alla nascita e alla genitorialità ad alto contatto. Qui di seguito, le domande che hanno suscitato la mia curiosità sulla vita e il lavoro di questa bravissima artista! Se volete sapere di più su di lei e sul suo lavoro, visita il suo sito e iscriviti (se vuoi) alla sua newsletter.

La protagonista dei tuoi quadri è sempre la donna: perché?

Non c’è veramente una risposta definitiva a questa domanda. Diciamo che il soggetto si impone e si è sempre imposto da solo, richiamando attenzione qualora  provassi ad allontanarmi. Col passare degli anni e affrontandone le diverse sfaccettature, che per me si sono rivelate infinite,  mi accorgo che spesso quello che mi tocca nel profondo emerge sviluppando questo soggetto, che può sembrare unico ed esauribile al primo sguardo. Ritrovo quindi la celebrazione della bellezza estetica con tutta la sua varietà e spiritualità, l’importanza di trovare e percorrere il nostro cammino in questo mondo, la magnificenza della maternità e della genitorialità di cui per un certo tempo si arriva a toccare l’infinito, e molto altro

Mi puoi raccontare la tua esperienza di madre/artista? Riesci a coniugare questi due aspetti della sua vita?

Ho sempre disegnato da che io mi ricordi e ho sempre detto che volevo fare la pittrice. Poi sono cresciuta… E come racconto spesso, nonostante la scuola d’arte e a causa di varie vicissitudini, mi sono voluta allontanare dalla mia strada fondamentalmente per una grande mancanza di fiducia, senza peraltro riuscire veramente a ignorarla. Ho fatto insomma un lungo giro e solo quando sono diventata mamma della mia prima figlia, in qualche modo quello che avevo cercato di tarpare in me si è risvegliato con prepotenza, mandandomi un messaggio chiaro : «Ora o mai più», me lo ricordo proprio così. Forse la potenza creatrice che risiede in ogni donna, che si rivela più chiaramente in certi frangenti della vita. Comunque ho ripreso i pennelli e non mi sono più fermata, era il 2007 e mia figlia aveva meno di un anno. Da lì ho ricostruito poco a poco me stessa e la mia fiducia, malgrado tutto, e continuo tutt’ora perché, parlando di cammino di vita, non si finisce mai di percorrerlo.
Riguardo al conciliare ci sarebbe molto da dire, perché col tempo si sono aggiunti altri due pargoli e ci son stati molti alti e bassi. Per alcuni anni lavoravo praticamente solo di sera e di notte, adesso è meno possibile (l’età avanza!) e cerco man mano di organizzarmi perché la mia diventi un’attività a tempo pieno e che mi faccia vivere.

L’allattamento al seno e il babywearing sono tra i temi principali dei tuoi quadri. Molte donne trovano queste due pratiche difficili e stressanti. Puoi raccontarmi la tua esperienza in merito?

Penso che in entrambi i casi un vero aiuto e sostegno sia importante, vedi fondamentale, e sappiamo che molto spesso a causa di cattiva informazione, pregiudizi ecc., non è così. La propria motivazione e la fiducia giocano moltissimo comunque, nel riuscire ad ascoltarsi e trovare anche un buon aiuto, che qualche volta non si presenta immediatamente. È stata la mia esperienza con l’allattamento, ho avuto la fortuna in un momento cruciale (scatto di crescita della prima figlia intorno ai tre mesi, un po’ critico) di trovare consiglio a distanza con una consulente de La Leche League. Alle volte basta una frase.
Con il babywearing ho fatto di più da sola, scoprendo man mano; era qualcosa che mi aveva sempre attirato tantissimo, probabilmente anche perché apprezzo il lato pratico di poter andare ovunque. I primi anni, per esempio, mi è capitato spesso di muovermi da sola per aerei, treni e mezzi pubblici, e senza marsupio, fascia e/o sling sarebbe stato impossibile. Comunque, fondamentale é stata una consulente che mi ha mostrato come portare sulla schiena utilizzando anche la giacca adattata ai marsupi (era inverno), nonostante fossi già al secondo figlio; avevo problemi alla schiena e facevo fatica a portare 9 kg davanti.
Dopo quella consulenza non ci ha fermati più nessuno!

Vorrei mi raccontassi un po’ delle tue opere: come nascono? 

Seguo il mio istinto, per quanto riguarda la tecnica. In generale un’immagine prende forma e non riesco più a togliermela dalla testa, deve uscire.
L’ispirazione può veramente arrivare da qualsiasi cosa, una foto, una foglia, un colore, la voglia di raccontare un momento o una storia.
Spesso il modo in cui l’idea mi appare, la resa nel mio immaginario, è  abbastanza nitida da indicarmi una tecnica o un’altra.
Qualche volta, più raramente, la scelta della tecnica dipende anche dalla questione tempo, noi artisti siamo dei giocolieri, infatti, che per funzionare devono far andare più cose insieme. Poi ci sono i quadri personalizzati fatti su ordinazione; in quel caso l’idea me la da chi mi contatta. Però quell’idea o suggestione deve fare contatto in me, altrimenti non funzionerà.

Nelle sue opere c’è spazio solo per mamma e bambino, o entrambi i genitori con il neonato, perché questa essenzialità?

È sempre venuta naturale, anche se proprio recentemente credo di essere arrivata ad un punto di svolta dove appunto degli elementi si stanno aggiungendo negli sfondi. Vedremo come questa strada si svilupperà. In particolare, per i visi non sono ancora riuscita a uscire da quell’essenzialità forse perché tutta l’espressione che cerco di infondere, per me emerge già in modo incisivo anche se in maniera non così plateale. Uso l’espressione «non riesco» perché qualche volta, per giocare, ho aggiunto per esempio la bocca in qualche bozzetto, ma il risultato alla fine non era coerente. Si vede che non è ancora il momento di cambiare questo aspetto del mio stile, se mai quel momento si presenterà. L’altra cosa divertente è che in tutti gli anni dove ero inattiva mi capitava quotidianamente di scarabocchiare a destra e sinistra, come tanti fanno, e la cosa che disegnavo in maniera ossessiva erano nasi, bocche, occhi e visi con tutti i particolari del caso, insomma l’opposto di quello che emerge nelle mie immagini da quando ho ripreso a dipingere.

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